Settimana Corta, sogno e realta

Perché la settimana corta è una buona idea per tutti

Se vi dicessero che potete lavorare meno ore, avere più tempo libero e essere più produttivi, cosa rispondereste? Probabilmente pensereste che si tratta di una proposta irrealistica o di una truffa. Eppure, ci sono sempre più studi e testimonianze che dimostrano i benefici della settimana corta, ovvero quella che prevede quattro giorni lavorativi invece di cinque.

La settimana corta non è una novità assoluta: già nel 1930, il famoso economista John Maynard Keynes prevedeva che nel futuro le persone avrebbero lavorato solo 15 ore a settimana, grazie al progresso tecnologico e alla crescita economica. Tuttavia, questa visione non si è realizzata, anzi, si è assistito a un aumento dello stress, del burnout e della precarietà lavorativa.

Dobbiamo “ringraziare” Henry Ford, fondatore della Ford Motor Company, per la moderna scansione del tempo lavorativo: fu proprio lui uno dei primi imprenditori a introdurre la settimana lavorativa di cinque giorni e otto ore al giorno. Fu nel 1926 che la Ford Motor Company adottò ufficialmente la settimana lavorativa di cinque giorni per i lavoratori delle sue fabbriche automobilistiche.

Ironia a parte, la decisione di Ford di introdurre la settimana lavorativa di cinque giorni fu motivata da una serie di fattori, tra cui la necessità di promuovere uno stile di vita ideale per i suoi dipendenti e di aumentare la produttività.
La notizia sconvolse molti nell’industria, ma si rivelò un colpo di genio, aumentando immediatamente la produttività lungo la linea di assemblaggio e costruendo un senso di lealtà e orgoglio aziendale tra i lavoratori di Ford 1.


E se dopo quasi 100 anni prendessimo il suo esempio che cosa succederebbe riducendo l'orario di lavoro a 32 ore settimanali, mantenendo lo stesso stipendio? Secondo diversi esperimenti condotti in vari paesi, i risultati sono sorprendenti: i lavoratori sono più felici, motivati, creativi e produttivi; le aziende risparmiano sui costi operativi e aumentano la qualità dei servizi; la società beneficia di una riduzione delle emissioni di CO2, del traffico e dell'inquinamento.

Ad esempio, in Islanda tra il 2015 e il 2019 si è svolto il più grande studio al mondo sulla settimana corta, coinvolgendo oltre 2.500 lavoratori di diversi settori. I partecipanti hanno ridotto le loro ore di lavoro da 40 a 35 o 36 a settimana, senza perdere salario. I risultati hanno mostrato un miglioramento del benessere, della salute, dell'equilibrio tra vita e lavoro e della soddisfazione dei lavoratori. Inoltre, non c'è stata alcuna perdita di produttività, anzi, in alcuni casi si è registrato un aumento.

“Se non ridistribuisci la mole di lavoro oltre che le ore settimanali questa rischia di essere la ricetta per il burnout”, questo è stato uno dei commenti più interessanti fatto da Corine, una delle nostre coworker.
Questo tema ha polarizzato le opinioni in sala caffè; c’è chi come Patricia, una nostra nuova arrivata, la definisce come “un sogno” evidenziando come alcune aziende italiane, ad esempio Luxotica, abbiano iniziato ad introdurre la short week per alcuni reparti: “mi sembra quelli di marketing, non di certo quelli di produzione, sarebbe difficile come cosa”. Invece Enrico, nostro immancabile stacanovista afferma che per quello che deve fare non gli basterebbero 2 short week alla settimana per andare in contro alle deadline.
Corine, in quanto interpete libera professionista, si chiede quali sarebbero i pro per un datore di lavoro nell’implementare questa riduzione delle ore e come poterlo fare senza andare in rosso. Insomma, tra scetticismo e curiosità le opinioni sono diverse; sulla carta questo può essere un modello molto allettante ma di sicuro esistono delle difficoltà nell’implementarlo tra lavori di tipo diverso, per forza di cose qualcuno verrebe tagliato fuori e a volte per altri, come abbiamo visto con Enrico, non ci sono abbastanza ore in una giornata quindi ridurle sarebbe ancora più deleterio.

Però dall’altra parte del mondo troviamo un altro caso emblematico: quello della Microsoft Giappone. Nel 2019 ha sperimentato la settimana corta per un mese; i 2300 dipendenti hanno lavorato quattro giorni a settimana, con il venerdì libero. Il risultato è stato un aumento del 40% della produttività, una diminuzione del 23% dei costi elettrici e una riduzione del 59% delle stampe. Inoltre, i dipendenti hanno dichiarato di essere più felici e di avere più tempo per dedicarsi alla famiglia, agli hobby e al volontariato.
Teniamo a mente che si tratta del Giappone, uno dei paesi con il tasso di stress legato al lavoro più alto.

Questi sono alcuni esempi dei vantaggi della settimana corta, che potrebbe essere la soluzione per affrontare le sfide del futuro del lavoro.

In definitiva, la settimana corta non significa lavorare meno, ma lavorare meglio. Significa avere più tempo per sé stessi e per gli altri, per coltivare le proprie passioni e per contribuire al bene comune. Significa vivere meglio.

Autore dell’articolo: Giuseppe Narduzzo

Fonti:
-Settimana corta: dall’Islanda la nuova frontiera del lavoro, Click Lavoro, 25 agosto 2021
-Lavorare 4 giorni su 7. L'esperimento di Microsoft in Giappone, AGI-Agenzia Giornalistica Italia, 8 novembre 2019

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